Direttamente dai campi di gara … ecco le imprese di GIANNI, LUCA e ALESSANDRO, e di tanti altri SanMarchini compagni di viaggio!!
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MEZZA MARATONA DI VIGEVANO
Vigevano: graziato dalla pioggia e soddisfatto
di Gianni Colombo
Dopo qualche anno di assenza, ritorno a percorrere le strade della Scarpa d’oro versione mezza maratona; ho saltato tutte le mezze autunnali per via di un “tagliando” ed è quasi un anno ormai che non gareggio sulla distanza dei 21097 mt. Sono ben preparato (grazie Marta), credo: ripetute in pista, ivv lunghe e dure (Sacro Monte, Sumirago), cross. Mi manca un po’ di resistenza alla velocità. Con Marta siamo d’accordo di correrla come un test, in previsione della Lago Maggiore Half Marathon, prevista a metà Aprile.
Ritrovo al solito parcheggio del supermercato dopo esser passato a prendere Maddy: siamo in 10 e ci stringiamo in due macchine. Mi fanno compagnia – oltre a Maddy – la fortissima Cristina Guzzi, Salvatore e Mario Alberto. Tragitto tranquillo, ed eccoci a Vigevano. Ritiro pettorali da Marta, deposito borse un po’ caotico, un saluto a Maddy e Miriam e io e Salvatore entriamo in pista.
Circa 40 i Sanmarchini/e presenti. Un gran numero. Getto il sacco dell’immondizia che fungeva da “termica” e si parte. Non sentiamo lo sparo, ma si mettono tutti in moto. Andiamo!
Ricordo abbastanza bene il percorso. L’uscita dallo stadio “Dante Merlo” prevede un normale rallentamento visto il restringersi della carreggiata. Ci si immette poi sul viale e si riesce – poco dopo 500 mt – ad assumere un’andatura fluida.
D’accordo con Marta, il piano di attacco prevede i primi 5 km a 5:20 per poi aumentare leggermente e finire in progressione. Obiettivo del test è valutare il mio stato di forma attuale. Tra me e me, non penso certo al personale, ma metto alcuni paletti: oltre 1:55 prestazione negativa, 1:53/55 modesta, 1:51/1:53 sufficiente, 1:50 abbastanza bene, sotto 1:50 bene. In teoria avrei dovuto provare a stare con i pacers dell’ora e cinquanta, e tento pure di riacciuffarli dopo il primo km. Ma il secondo km lo chiudo in 4:53 e non vedo diminuire il mio distacco da loro. Visto il passaggio un po’ troppo allegro, decido di tornare in regime di crociera. Un altro km, il quarto, sotto i 5’ e poi si entra nel Castello e si passa dalla splendida Piazza. C’è un po’ di gente, ma la giornata grigia – seppur non piovosa per la durata della mia gara – non invoglia a scendere in strada ad incitarci.
Guardo un po’ preoccupato il gps che segna una media di 5:08 al km, ma c’è come sempre un discreto gap tra il km dell’orologio e quello effettivo in strada: siccome mi sento bene, respiro senza affanni e gambe e stomaco sono tranquilli, decido quindi di non rallentare troppo e di correre il più facile e rilassato possibile.
Non sono mai solo; raggiungo o vengo raggiunto da gruppetti di podisti e se si forma un “buco” cerco di chiuderlo in progressione. Ci dirigiamo nei campi sulla pista ciclabile; senza la protezione delle abitazioni, sento raffiche di aria abbastanza fredda. Brevissima sosta al ristoro del 10 km, dove saluto Christian, e poi riparto. Sensazioni sempre buone e ritmo costante sui 5’15. Tra il dodicesimo e il quattordicesimo km corriamo contro vento, ma con piacere noto di non subire troppo. Dal quindicesimo km resto in vigilante attesa di una crisi che non verrà. Ora ci sono due km lungo il canale e tengo un ritmo sempre costante anzi allungo un po’. Per ingannare il cervello, lo tengo occupato con la proiezione del tempo finale al passaggio di ogni residuo chilometro, con calcoli mentali che non sono molto consoni ad un umanista come me.
Al diciottesimo km sento ancora le gambe girar bene e provo ad accelerare leggermente. Rimango un po’ imballato ma almeno l’andatura rimane costante. Provo ad allungare la falcata e mi tengo in scia ben saldo ad un gruppetto che tiene il mio stesso passo. Il cartello dell’ultimo km però mi carica: accelero e stacco il gruppetto andando anche a superare qualche podista avanti. L’ingresso allo stadio mi dà il la per uno scatto da centometrista: guardo il gps e all’ultima curva, mi rendo conto di poter stare sotto l’ora e cinquanta. Un saluto ai tifosi sanmarchini presenti sul rettilineo d’arrivo e volata finale ben tirata. 1:49:53 con il sorriso. Sono abbastanza soddisfatto.
Mi ritrovo con i compagni di viaggio, tutti abbastanza soddisfatti della loro prestazione. Marta e Cristina vanno a premio, la nostra società pure, come terzo gruppo più numeroso. Complimenti a tutti, specie a Gabriele che fa il suo personale.
Rientro in tranquillità, come all’andata e sotto l’acqua. Pioggia che però ci ha risparmiato durante la gara. Torno da Vigevano con un ricordo positivo e una medaglia bella pesante, pronto a lanciare la sfida a me stesso tra un mese.
RTO TRAIL
Il mio RTO con Sergio, Tombolo (n.d.r. Luciano) e De Giorgi
di Luca Greggio
Sergio arriva sotto l’ombrello come se avesse appena finito una maratona ha male alla schiena e si vede, breve briefing prima di partire e decidiamo di non fare gara, ma prendercela comoda tutti assieme viste le condizioni di Sergio. Pronti via Sergio parte come se dovesse fare il personale, gli sto dietro pochi metri e gli altri a seguire. Primi Km abbastanza facili fino alla discesa di Caronno Corbellaro che porta alla ciclabile della val Morea, discesa abbastanza tecnica resa molto insidiosa dalle piogge bisogna prestare molta attenzione. Breve tratto di ciclabile fino a prendere la salita del Piccolo Stelvio, io e Sergio siamo sempre assieme Tombolo e De Giorgi sono un po’ più staccati ma li vediamo ancora. Sergio non molla un colpo, va su col suo bel passo e penso “ma il mal di schiena?” Scolliniamo breve tratto di asfalto e entriamo nei boschi di Gornate, qui finisce l’RTO Trail e inizia il Wild RTO Trail 😬 Si continua con saliscendi e tratti dove si può correre bene ma il fango, le pozze, i sentieri trasformati in piccoli ruscelli la fanno da padrone, stare in piedi è un miracolo. In un paio di tratti ho dovuto fare due evoluzioni degne di un pattinatore sul ghiaccio, qualche guado abbastanza importante con l’acqua alle ginocchia non poteva mancare e l’acqua fredda la senti tutta, i piedi si informicolano e fai fatica a riprendere il passo. Torniamo sull’asfalto e Sergio mi dice “li vedi quei 7/8 là davanti? sono nostri”, “sì piano piano – gli dico – li prendiamo”. Ormai li ha puntati, per loro non c’è scampo 😃 E cosi terminiamo il primo dei due giri, Tombolo e De Giorgi ormai sono indietro, speriamo siano prudenti. Il secondo giro sulla falsa riga del primo con la differenza che i sentieri ormai, dopo i passaggi di tutti i Trailer, sono ridotti a un colabrodo, non ci si può permettere la minima distrazione, un appoggio fuori posto e ti ritrovi per terra. Giungiamo al traguardo, io allungo un pochino giusto per non far arrivare davanti uno che ci ha appena superato, ma mi svernicia sul traguardo 😜 Oggi ho capito perché lo chiamate Crazy fortuna che sono abbastanza in forma in questo momento, sennò non lo vedevo neanche da lontano: Sergio è davvero Crazy non molla mai e va sempre forte, complimenti.
BARRO TRAIL&FUN
Una gara glassata da tanto, ma tanto fango!
di Alessandro Zaro
Parlar di trail vuol dire narrare di corsa su sentieri, di gare wild, contesti sobri ma di tanta fatica.
E oggi il Barro trail di Invorio è stata una gara con tutti questi elementi, glassata da tanto, ma tanto fango.
21 km per 700 metri di dislivello positivo.
Dopo la partenza, si abbandona subito l’asfalto dopo 500 metri, per entrare nel bosco, contesto costante ed ininterrotto per tutta la gara, abbandonato solo a qualche centinaia di metri dall’arrivo.
Avvolti nella selvaggia natura , il percorso è stato caratterizzato da sentieri a tratti corribile, a tratti con fango tanto soffice da sembrare sabbie mobili. La tenuta e la capacità di stare in piedi è stata spessissimo un’impresa. Ovviamente la sana caduta è stato la ciliegina. Al km 7.5 il monte Barro e al km 9.5 il punto più alto della gara, per poi scendere da una impervia discesa di km 1.3, ove la tecnica era la discesa libera con sci, tanto si scivolava.
Nella seconda parte del percorso un’alternanza di discese e salite, queste brevi ma ripide da essere affrontare a quattro zampe.
Un passaggio per un piccolo borgo abbandonato del Comune di Ameno è stato l’unico segno della civiltà umana.
A 3 km dall’arrivo tre guadi con acqua sino al ginocchio e ciascuna di circa 5/6 metri di larghezza sono stati gli elementi fun della gara.
Lavate ben bene le scarpe, gambe, mani e faccia, già che c’ero visto che era ricoperta da fango, ecco l’ultimo tratto mosso per poi percorrere gli ultimi pochi chilometri in piano.
Ed ecco finalmente il traguardo all’interno del campetto da calcio.
Fatica finita, ristoro valido. Quindi doccia calda e mente alla prossima wild fatica.
Grazie ragazzi per averci raccontato le vostre fatiche, l’invito che facciamo a tutti i SanMarchini è di prendere ispirazione e inviare i vostri racconti, contattando il Consigliere Marco Clivio.